Lifetimes | 2009-2010

In fondo è solamente una questione di scala. Lungo una vita intera non si fa altro che lasciare segni tutto intorno, sulle cose e sulle persone, sui pavimenti che si calpestano e sugli spigoli dei gradini o dei mobili di casa che si scheggiano inavvertitamente, e pure qualche segno lo portiamo addosso, col tempo, come i tronchi degli alberi. Solo se dal quotidiano passiamo ai secoli e poi ai millenni, e dalla nostra stanza apriamo la porta a ciò che se ne sta fuori, ecco, allora è il mondo a parlarci di segni più o meno evidenti che il tempo, la natura stessa, o molto spesso l’uomo, vi ha inferto. Eppure il corpo del mondo ha fatto propri anche questi. Non è un caso che Gianpaolo Arena utilizzi la scala più adeguata per osservare – e attraverso il suo sguardo mostrare e raccontare – un microcosmo. E lo fa con misura, con la delicatezza dell’osservatore schivo eppure con abbagliante lucidità, senza sbavature, quasi che il gioco, peraltro perfettamente riuscito, sia quello di mettere in luce la complessità di piani attraverso cui un luogo può dire di sé e della propria storia. Anomalia geologica ed ecosistema chiuso, traccia persistente nel territorio e oggetto pressoché inattaccabile, il rilievo dalla forma peculiare che sorge di poco a sud dell’attuale corso del fiume Piave, il Montello, conserva nei secoli la propria definita natura di “isola”, seppure nel tempo sia stato lo specchio di molteplici necessità e tentati utilizzi andati a vuoto quando distanti dal puro equilibrio ambientale. Un tempo uno dei boschi di querce che la Serenissima sfruttava per l’Arsenale, oggi esempio di come l’uomo incida la superficie della terra, di come deformi e pieghi al proprio volere il paesaggio nel profondo, di come lo abiti e gli dia il proprio nome, ma anche di come la natura ne riprenda gradualmente possesso rendendo proprio ciò che di meramente umano il paesaggio stesso mantiene, in una sorta di rigenerazione. Ma questo è solo un frammento di una storia che, mutata la scala, diviene tanto ampia da non saperne più cogliere i margini, perché ancora aperta. Nella serie fotografica che vi ha dedicato Gianpaolo Arena, forte di una maturità interpretativa e di un’immediatezza quasi oggettiva, il Montello diventa un racconto per immagini, una pietra scolpita da leggere e interpretare, un monile intarsiato nei cui intagli ci si potrebbe vedere altro, senza dover raccontare o chiedere oltre, risposte immediate a un presente vivo e pulsante, di nuovo segni di intere vite, forse ancora da venire.

 

La giusta distanza  Testo: Andrea Filippin – Urbanautica (traduzione: David Pollock)

 

Pubblicato nel Maggio 2010 su Urbanautica

Pubblicato nel Settembre 2010 su Tales of Light