The End of the Game | 2010

L’uomo cerca la natura, da sempre. Ne fa parte. È un bisogno diffuso, acclarato e indiscutibile. Esso ha innescato nei secoli azioni asimmetriche e processi raramente lineari, talvolta discordanti. Qualche tempo fa l’amico e fotografo Gianpaolo Arena mi ha chiesto di scrivere un pensiero su una serie di immagini realizzate sul Montello. È un’area collinare i cui boschi hanno fornito, per secoli, la materia prima necessaria per costruire le fondamenta di quella che resta una delle città più straordinarie al mondo: Venezia. Queste fotografie ritraggono alcuni uomini travestiti da combattenti armati, intenti a personificare una sorta di gioco della guerra. In fondo, chi da piccolo non ha sognato di fare la guerra? Certo i costumi e le armi erano molto meno tecnologici e sofisticati, ma in fondo la nostra visione del mondo da adulti non è poi così lontana da quelle facili distinzioni tra guardie e ladri, tra buoni e cattivi. Le figure di Caino e Abele da sempre dividono la storia a metà. Però a guardare bene la faccenda non è così semplice: questi moderni guerrieri sono quasi tutti adulti, non ci sono donne, e la verosimiglianza con i reali soldati maschera qualcosa di inquietante. Si tratta ancora di una simulazione? Crescendo il gioco diventa “tempo libero”, non è più parte del modo scherzoso e innocuo di vivere la giornata e le relazioni con gli altri. Esso diventa attività marginale e perde l’innocenza e la spontaneità tipica dell’età infantile. Più che di una esibizione di forza si tratta del tentativo di liberare istinti e desideri repressi, o ancora, di sfogare frustrazioni e delusioni. La natura quindi non è solo uno sfondo, ma torna ad essere la madre che abbraccia, un rifugio dove mimetizzarsi. Questa serie fotografica ci mostra anche la fine del gioco tradizionalmente inteso; ovvero la perdita di naturalezza. Non a caso l’indagine di Gianpaolo Arena si spinge oltre il teatrino inscenato dai rambo della domenica, per ritrarre campi di basket divorati dall’erba e giochi di una volta abbandonati dai bambini divenuti “grandi”. Attraverso questa altalena tra presente e passato possiamo leggere i segni di un’evoluzione in chiave moderna dell’attitudine al gioco. Meno intuito, semplicità e fantasia e più calcolo, malizia e imitazione.

 

Caino e Abele  Testo: Steve Bisson  

 

Pubblicato nel numero di Marzo 2011 di Camera Obscura